Disobedience Archive

(the zoetrope)

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Jota Mombaça

The Birth of Urana REMIX, 2021

21’17’’ Color/sound

N°37

The Birth of Urana REMIX, originariamente un testo, è stato remixato come video-installazione a canale singolo, commissionata e presentata nel 2020 in occasione di NIRIN – 22a Biennale di Sydney. L’opera video espande il mondo di un racconto immaginario e distopico. Il protagonista sfugge a una forza coloniale, militante e autoritaria scavando in profondità nella terra, e così facendo avvia un processo materiale di transizione e di relazione integrata con la corporeità terrestre stessa. Questa storia fa parte della pratica più ampia dell’artista, in cui le visioni della fine del mondo aprono nuovi modi di pensare e abitare i nostri corpi. Nell’opera, Jota Mombaça immagina un corpo che trascende i binari coloniali e le opportune figurazioni di genere, sessualità e umanità che ci tengono separati dal mondo naturale. La narrazione della storia, articolata in cinque capitoli, si sviluppa attraverso una combinazione di frasi ed immagini, creando un vasto flusso in cui suoni e colori si mescolano e si susseguono con varie intensità: talvolta lenti, altre volte rapidi, seguendo il ritmo narrativo come una melodia che accompagna il racconto.

Nel capitolo zero della narrazione, uno sfondo di sabbia si muove come se respirasse, mentre un cielo nuvoloso si staglia dietro di esso, colorandosi successivamente di un rosso intenso. Nel capitolo uno, la sabbia rimane protagonista, accompagnata da un cielo rosso sangue, per poi assumere dei toni blu e lampeggiare. Nel capitolo due, lo sfondo si tramuta in un insieme di cellule blu che si muovono in varie direzioni dentro arterie, anch’esse blu. Nel capitolo tre, lo sfondo appare inizialmente come una vasta oscurità caratterizzata da una grande bolla al centro, contenente della sabbia. Nel capitolo quattro, la sabbia in primo piano è accompagnata dall’immagine nitida di un trapano metallico che penetra nel terreno, mentre sensori e nervi umani si muovono. Nel capitolo cinque, l’immaginario si fa ancora più fantastico e la terra colorata si mischia con forme acquatiche e fumose. Nei capitoli da zero a cinque, si assiste a un rapido mutamento dei paesaggi e dei colori. Emergono elementi naturali come acqua, roccia, terra arida e cristalli, accanto a ambienti più tecnologici con database di dati e misurazioni scientifiche. Verso la fine, sabbia e cielo si fondono, creando un’atmosfera suggestiva ma indefinita.

Jota Mombaça (Natal, Brasile, 1991) esplora temi legati al postcolonialismo, alla giustizia sociale e alla fluidità degli ambienti attraverso un approccio interdisciplinare che spazia dalla poesia alla critica sociale. Il suo lavoro riflette sulle conseguenze della tratta transatlantica degli schiavi, della crisi climatica e del razzismo ambientale. Nel 2021 ha pubblicato il libro Não vão nos matar agora (Non ci uccideranno ora). Ha recentemente completato una residenza alla Rijksakademie di Amsterdam e ha esposto alla 32a e 34a Biennale di San Paolo, alla 22a Biennale di Sydney, alla 10a Biennale di Berlino e alla 46a edizione del Salón Nacional de Artistas, Colombia.

The Birth Of Urana REMIX, originally a text, was reformulated as a single-channel video-installation, commissioned and presented in 2020 as part of the NIRIN – 22nd Sydney Biennale. Jota Mombaça’s video work expands the world of an imaginary and dystopian story. The protagonist escapes from a colonial, militant and authoritarian force by digging deep into the earth, and, in doing so, initiates a material process of transition and an integrated relationship with earthly matter itself. This story is part of the artist’s broader body of work, in which end-of-the-world visions inspire new ways of thinking and inhabiting our physical selves. In this work, Jota Mombaça envisions a body that breaks free from colonial boundaries and the appropriate figurations of gender, sexuality and humanity that keep us separate from the natural world. The narration of the story, which is divided into five chapters, unfolds through a combination of phrases and images. These elements merge to form a sweeping current, blending sounds and colours with various degrees of intensity. Like a melodic accompaniment, the narrative rhythm guides the pace, at times slow and at times fast.

In chapter zero of the narrative, a background of sand appears to breathe, while a cloudy sky stands out behind it, subsequently turning deep red. In chapter one, the sand remains the protagonist, accompanied by a blood red sky that later turns blue and flashes. In chapter two, the background becomes blue cells that move in various directions within arteries, which are also blue. In chapter three, the background starts with a vast darkness interrupted by a large bubble in the centre, containing the usual sand. In chapter four, the sand in the foreground is accompanied by the clear image of a metal drill penetrating the ground, while human sensors and nerves are in motion. In chapter five, the imagery becomes even more fantastical, blending the colourful earth with aquatic and smoky shapes. In chapters zero to five, there is a rapid change of landscapes and colours. Natural elements such as water, rock, arid earth and crystals emerge, alongside more technological environments with data databases and scientific measurements. Towards the end, the sand and sky merge, creating a suggestive but indefinite atmosphere.

Jota Mombaça (Brazil, 1991) explores themes related to postcolonialism, social justice and the fluidity of environments through an interdisciplinary approach ranging from poetry to social criticism. Their work reflects on the consequences of the transatlantic slave trade, the climate crisis and environmental racism. In 2021, she published the book Não vão nos matar agora (They won’t kill us now). He recently completed a residency at the Rijksakademie in Amsterdam and exhibited at the 32nd and 34th São Paulo Biennial, the 22nd Sydney Biennial, the 10th Berlin Biennial, and the 46th Salón Nacional de Artistas, Colombia.